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Casa Rustica dei Graiani (Corniglio, loc. Ghiare Inferiore)

Poco rimane della casa rustica costruita interamente in pietra di fiume nella prima metà del ‘500. Il crollo di uno dei quattro muri permette di vedere il caminetto interno, ancora intonacato, ma parte del casolare immortalato negli anni ’70 del 900 da Enrico Dall’Olio è andato perduto. Inoltre all’edificio è stata aggiunta una superfetazione a scopo magazzino costruita in blocchi di cemento.
L’edificio faceva parte del nucleo di Ghiare Inferiore, costruito a ridosso del fiume per sfruttarne la forza nei mulini che macinavano per l’intera zona.

Di questi mulini ce n’è pervenuto almeno uno ai giorni nostri.

E.Dall’Olio, M. Pellegri, G. Capacchi, Architettura spontanea dell’Appennino parmense, Parma, 1970

Il rustico si trova nell’area di passaggio di una delle Vie Storiche dell’Emilia-Romagna, la Via Longobarda, che collega la pianura Padana al mare ligure-tirreno, attraversando due Parchi regionali e uno nazionale, e ricadendo per buona parte dentro l’area MAB-UNESCO.

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Mulino dei Biancarelli (Bardi)

L’edificio in sasso, completamente restaurato e riconvertito in abitazione privata, è formato da due corpi giustapposti con tetto a due falde ed originariamente comprendeva i locali del mulino ed i locali adibiti ad abitazione.

Il ricordo della funzione originaria di mulino è evidente dalle macine presenti nel retro dell’edificio ed inglobate in un muro di contenimento. Un’altra macina si trova nel giardino privato della casa, riutilizzata per la costruzione di un tavolo rotondo in pietra da esterno.

Il mulino era dotato di 3 ruote orizzontali e le macine sono ancora presenti ed in buono stato di conservazione

bibliografia

Flavia De Lucis, Alberto Morselli, Lorenza Rubin, Aqua masnada : mulini e mugnai dell’Appennino reggiano e parmense, Reggio Emilia, C.P.C.A., 1990, p. 314.

 

Mulino Strinati (Bardi)

Nella mappa catastale del 1825 Mulino Strinati era classificato come “Mulino da grano” intestato a Gian Battista ed Antonio Strinati. Già alla fine degli anni ’80 l’opificio, che originariamente comprendeva due coppie di macine azionate da ruote a ritrecine, era disattivato da anni.

Il fabbricato ha subito dei lavori di restauro ed attualmente si presenta come abitazione privata. I segnali sulla struttura che indicano la passata presenza di un mulino sono nella facciata est dell’edificio dove si possono ancora vedere i conci in pietra posizionati a formare gli archi di scarico appartenenti al vano dei ritrecini. Inoltre, adiacente al lato est del fabbricato, è tuttora presenta il canale di derivazione delle acque con la paratoia.

Osservando la facciata esterna si può notare che è ben evidente l’utilizzo di tre diversi materiali costruttivi corrispondenti ad altrettante epoche: la parte più bassa dell’edificio, comprendente anche il vecchio vano dei ritrecini, è in pietra squadrata grigia; la parte centrale è in pietra sbozzata locale; mentre la porzione sottostante al tetto, frutto di un recente restauro, è in laterizio.

bibliografia

Flavia De Lucis, Alberto Morselli, Lorenza Rubin, Aqua masnada : mulini e mugnai dell’Appennino reggiano e parmense, Reggio Emilia, C.P.C.A., 1990, p. 313.

 

Il Mulino a Ruota Orizzontale

I mulini ad acqua  con impianto a ruota orizzontale o a ritrecine sono quelli che hanno origine più antica. Il loro meccanismo, relativamente semplice, permette dei costi di installazione e manutenzione dell’opificio contenuti. E’ più facile incontrare questa tipologia di… (LEGGI TUTTO)

La figura del mugnaio

Il mugnaio è sempre stato una figura centrale nell’economia della comunità in quanto rappresentava l’anello di congiunzione tra la produzione agricola e le fasi successive di elaborazione delle farine per l’alimentazione umana ed animale. Si trattava inoltre di un tecnico… (LEGGI TUTTO)

Mulino di Setterone (Bedonia, loc. Setterone/Strepeto)

Il mulino sorge un fondo alla stretta valle del rio Pontonenero, affluente del Sissola, che si getta nel Taro. L’edificio in sasso si compone di tre corpi di altezze diverse giustapposti tra loro e coperti da tetti a due falde in lastre di pietra. L’esterno è caratterizzato da una grande ruota verticale in ferro, ancora oggi ben conservata.
Cessata la sua attività attorno al 1975, giace da allora abbandonato. L’interno conserva ancora la coppia di palmenti che, secondo testimonianze degli abitanti del luogo, lavoravano a volte anche di notte. La struttura è consolidata da catene in ferro. I materiali da macinare erano portati a spalle o caricati su bestie da soma, che venivano legate all’ancora presente anello inserito nella muratura, in quanto i sentieri erano troppo ripidi per essere solcati dai carri.
Il mulino è situato in una zona particolarmente impervia, nella stretta valle, lungo la strada che collega Pontestrambo a Setterone. I due sentieri originali, tracciati sui pendii della montagna, sono invasi dalla vegetazione. Uno dei due si collega alla strada per Setterone l’altro, che collegava il mulino con Strepeto (dove probabilmente risiedeva il proprietario) è oggi interrotto d una frana.
Bibliografia:
Flavia De Lucis, Alberto Morselli, Lorenza Rubin, Aqua masnada : mulini e mugnai dell’Appennino reggiano e parmense, Reggio Emilia, C.P.C.A., 1990.
Sitografia:
Roberto Pavio, Mulino di Setterone: testimone e protagonista del vivere quotidiano della civiltà rurale e contadina. per www.valgotrabaganza.it, Febbraio 2014 consultato a Febbraio 2019

 

Mulino Ortalli (Felino, loc. Poggio)

Riportiamo dal volume “Aqua masnada : mulini e mugnai dell’Appennino reggiano e parmense”, Reggio Emilia, 1990, p. 235, n. 72:
Il mulino è costituito da due coppie di macine azionate da ruote a retricine in ferro che recentemente hanno sostituito quelle originali in legno. L’edificio a corpi giustapposti con portico sul fronte principale, presenta una pianta rettangolare su due livelli comprendenti il mulino e l’abitazione.
Secondo la testimonianza del mugnaio e proprietario Ortalli Silvio, restano sul tetto alcuni coppi datati risalenti al XVIII° secolo (1).
Lo stesso mugnaio utilizza per il bilanciamento della macina un piede di porco siglato Giuseppe Pellegrini 1773.
Il mulino compare in una mappa datata 26 agosto 1779  come Follo del Sig. Co. Sozzii (2) e in un’altra del 1677 denominato mulino di Giuglio Vichari  (3).
Figura nella cartografia militare  austriaca del 1820  denominato  Mulino di Bulatto (4) e nella mappa catastale del 1822 come Molino di Sopra intestato a Pedretti Biagio (5). L’opificio è censito nella Carta Idrografica del 1888 con la denominazione di Molino Sant’Ilario (5) e, senza toponimo, nella cartografia IGM del 1936 (6).

Note:
(1) In seguito al rifacimento del tetto sono stati recuperati e collocati sotto il porticato;
(2) Archivio di Stato di PR, Cavamenti, Vol. 146;
(3) Archivio di Stato PR, Fiumi e strade, vol. 13, n. 1;
(4) Archivio di Stato PR, Mappe e disegni, Vol. 64;
(5) Archivio di Stato PR, Catasto Cessato, Felino, Sez. G, part. 256;
(6) Carta Idrografica 1888, p. 106, n. 310.

Bibliografia:
Flavia De Lucis, Alberto Morselli, Lorenza Rubin, Aqua masnada : mulini e mugnai dell’Appennino reggiano e parmense, Reggio Emilia, C.P.C.A., 1990.
Giancarlo Marusi, Di mulino in mulino nel tratto felinese del Baganza, in “Per la Val Bagnaza”, a. 2017, p. 134-135.

Il mulino si trova nell’area di passaggio di una delle Vie Storiche dell’Emilia-Romagna, la Via Longobarda, che collega la pianura Padana al mare ligure-tirreno, attraversando due Parchi regionali e uno nazionale, e ricadendo per buona parte dentro l’area MAB-UNESCO.

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Mulino del Piano (Langhirano, loc. Cascinapiano)

“Il mulino è inserito all’interno di una corte chiusa situata sul lato est della strada Langhirano-Torrechiara, caratterizzata da un androne con ingresso archivoltato e da una torre si fianco orientale. L’antico opificio appare in una mappa datata 1555¹ denominato Molino degli Eredi di m.r. Giacomo Botti e nella mappa catastale del 1823² come mulino e follo intestato a Costa Pietro mugnanio di Langhirano.
Con la denominazione Re Vecchio è censito nella Carta idrografica del 1888 (p. 102, n. 222) come molino e brillatorio e, senza toponimo, nella cartografia IGM del 1936.” (³)

Note
1) Archivio di Stato di Parma, Fiumi e strade, Vol. 14, n. 1;
2) Archivio di Stato di Parma, Catasto Cessato, Langhirano, Sez. A, part. 105
3) Flavia De Lucis, Alberto Morselli, Lorenza Rubin, Aqua masnada : mulini e mugnai dell’Appennino reggiano e parmense, Reggio Emilia, C.P.C.A., 1990, p. 223, n. 38

Il mulino si trova nell’area di passaggio di ben due Vie Storiche dell’Emilia-Romagna, la Via Longobarda, e la Via di Linari che collegano la pianura Padana ai centri oltre Appennino, sulle orme dei Longobardi la prima, dei fedeli del Volto Santo diretti all’Abazia di Linari la seconda. Risalendo i due crinali che paralleli puntano verso il confine sud della regione, entrambe attraversano Parchi regionali e il Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano, ricadendo per buona parte dentro l’area MAB-UNESCO.

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Mulino delle Latte (Neviano Arduini, loc. Braia)

Il mulino risale ai primi anni dell’Ottocento come riportato in un concio collocato sopra l’architrave di una finestra sul lato nord siglato 1807 D.C.G.F.F. l’edificio, in sasso, è a tre corpi giustapposti disposti scalarmente sul pendio. Ad ogni corpo corrispondeva una ruota verticale ed una coppia di macine … Nel 1821 il mulino risultava di proprietà di Gigli Giacomo¹ e nel 1870 Trovaglioli Pietro, mugnaio, ritira la licenza come premio della legge sul macinato².
Gli impianti sono stati disattivati nel 1970 circa³.
L’acqua veniva derivata da un ruscello alimentato da una sorgente locale. Nel 1955 la sorgente venne allacciata all’acquedotto di Bazzano (4)

Note
(1) Archivio di Stato di Reggio E., Prefettura, tit. I, Rub. X, filza 1
(2) I mulini ad acqua della Valle dell’Enza : economia, tecnica, lessico, a cura di Fabio Foresti, Walter Baricchi, Massimo Tozzi Fontana, Casalecchio di Reno, Grafis, 1984, p. 215, n. 113.
(3) Flavia De Lucis, Alberto Morselli, Lorenza Rubin, Aqua masnada : mulini e mugnai dell’Appennino reggiano e parmense, Reggio Emilia, C.P.C.A., 1990, p. 183-184, n. 117
(4) Maria Chiara Ugolotti, “ALLA RISCOPERTA DELL’ANTICO MULINO DELLE LATTE DI SCURANO. A raccontarne la storia è Guglielmo Govi, l’ultimo mugnaio

Il mulino si trova nell’area di passaggio di una delle Vie Storiche dell’Emilia-Romagna, la Via di Linari, che collega la città di Fidenza all’abazia di Linari nei pressi del Lagastrello, sulle orme degli antichi pellegrini. Parallela alla Via Francigena, la Via di Linari si congiunge con diversi cammini in zona di crinale che proseguono verso Pontremoli, Lucca, Roma.

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Mulino Berni (Tornolo loc. Tarsogno)

Il mulino di Tarsogno è l’unico rimasto ben cornservato degli 8 mulini che sorgevano lungo il torrente in Val Lubiana.
Il buono stato di conservazione si deve agli interventi di restauro operati circa 20 anni fa dal proprietario del mulino.
L’edificio, situato alla sinistra del torrente Lubiana, è costituito da un unico vano su un solo livello. Il vano contiene due coppie di macine azionate da ruote orizzontali a mescoli. Il fabbricato compare nella mappa catastale del 1824 intestato a Cardinali Domenico detto Buontempo, da cui deriva la sua denominazione Molino Bontempi.
Nel 1923 il mulino viene censito di proprietà di Berni Giuseppe (1).

Note e bibliografia
(1) F. De Licis, A. Morselli, L.Rubin, Aqua Masnada. Mulini e mugnai dell’appennino reggiano e parmense, 1990 pag. 263 ;

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Mulino dell’Egola (Pellegrino Parmense)

“L’antico opificio compare nella cartografia del XVIII secolo denominato Molino dell’Agoro. Nella mappa catastale del 1817 figura come Molino dell’Egola, intestato a Quattromini Paolo e Giuseppe, comprendente due distinti impianti.
L’edificio in sasso a corpi giustapposti su due livelli e sottotetto comprendeva il mulino e l’abitazione. Sul lato ovest, lungo il giunto murario, è inciso il millesimo “1804”. L’opificio, attivo fino al 1965 ca., era costituito da tre coppie di macine azionate da una ruota verticale a cassette in ferro ancora esistente.
Con il toponimo Egola il mulino compare anche nella cartografia IGM del 1877 e 1958, nella Carta Idrografica del 1888 e nella cartografia regionale 1976.” (1)

Il mulino fungeva anche da osteria in quanto situato all’incrocio di più strade.

Note e Bibliografia:
(1) F. de Lucis, A. Morselli, L. Rubin, Aqua Masnada. Mulini e mugnai dell’Appennino reggiano e parmense, Reggio Emilia, C.P.C.A. 1990, pag. 330.

 

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