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La Via dei Remi

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La Via Longobarda

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Mulino di Fontanafredda (Tizzano Val Parma, loc. Anzolla – Fontanafredda)

Situato alla destra del torrente [Parmossa], il mulino compare nella mappa catastale del 1833 di proprietà Galani Leggiadri Conte Tullio Paolo e fratelli (1).
Nel 1846 fu acquistato dai fratelli Basetti che nel 1864 lo cedettero a Sambuchi Giovanni (2).
Nel 1888 fu venduto a Mercadanti Domenico e da questo pervenne per successione testamentaria ai fratelli Madureri nel 1916 (2).
Nel 1943 Penzo Federico acquistò da Madureri il … vecchio fabbricato coperto di arenaria di quattro vani con antico molino a due palmenti azionati ad acqua (3) per mezzo di ruote a ritrecine. L’opificio è censito nella Carta Idrografica del 1888 (4), senza denominazione, nella cartografia IGM del 1936 (5).

1) ASPR, CCI, Tizzano, Sez. N, part. 22;
2)GCPR, Derivazione acqua pubbliche, III BU 170;
3) GCPR, rogito Bertogalli Vincenzo 1943 aprile 10;4)
4) CIDR 1888, p. 104, n. 274;
5) IGM F 85 IV SE

Bibliografia:
(testo tratto da) F. De Lucis, A. Morselli, L. Rubin, Aqua masnada : mulini e mugnai dell’Appennino reggiano e parmense, Reggio Emilia, C.P.C.A., 1990, p. 220

Il mulino si trova nell’area di passaggio di una delle Vie Storiche dell’Emilia-Romagna, la Via di Linari, che collega la città di Fidenza all’abazia di Linari nei pressi del Lagastrello, sulle orme degli antichi pellegrini. Parallela alla Via Francigena, la Via di Linari si congiunge con diversi cammini in zona di crinale che proseguono verso Pontremoli, Lucca, Roma.

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Mulino del Groppo (Tizzano Val Parma, loc. Groppo)

l mulino era in attività fino a pochi decenni fa ed ora è in fase di ristrutturazione per il suo utilizzo ad abitazione e la ripresa dell’attività molitoria stessa.

L’edificio in sasso a due piani ospitava anche l’abitazione del mugnaio. I tre palmenti originari, ancora conservati, erano azionati da altrettante ruote orizzontali.
Per un periodo venne utilizzata anche una ruota verticale in seguito dismessa in quanto non ritenuta adatta alle caratteristiche dell’impianto. L’edificio macinava per la gran parte dell’anno granturco e frumento adattandosi poi alla macinazione di castagne durante i periodi invernali dell’anno.

I proprietari, figli e nipoti del mugnaio hanno l’intenzione di mantenere l’identità del mulino per conservarne la storia e la testimonianza di una vita contadina oggi quasi perduta ma che rivive nelle memorie delle pietre e nelle testimonianze di coloro che l’hanno vissuta in prima persona.

“Il mulino [attualmente, feb. 2020, in ristrutturazione]… sorge sulla sinistra del torrente alle spalle del torrente sulla Parmossa. L’impianto azionato da ruote orizzontali a retricine conserva due delle tre originarie coppie di macine. Sul cerchio di ferro di una macina è impressa la data “1879”.
Secondo la testimonianza del mugnaio fu applicata anche una ruota verticale poi soppressa perché giudicata inadatta alle caratteristiche dell’impianto.
L’edificio in sasso a corpi giustapposti è articolato su due livelli comprendenti il mulino al piano terra e l’abitazione a qullo superiore. L’opificio compare nella mappa catastale del 1822 di proprietà del conte Pettorelli Angelo di Parma (1).
Nel 1870 era condotto dal mugnaio Bondani Pietro il quale … danneggiato dalla fiumana del 21 settembre 1868 cessava dall’esercizio, ma rifabbricato il mulino faceva domanda … di licenza di macinazione (2).
L’opificio è censito nella carta idrografica del 1888 (3) e nella cartografia IGM del 1936 (4).”

Note:
1) ASPR, CCI, Tizzano, Sez. Z, part. 1;
2) ASPR, Gabinetto di Prefettura, busta 59, 18870 genanio 4;
3) CIDR 1888, p. 104, n. 275;
4) IGM F 85 I SO

Bibliografia:
(testo tratto da) F. De Lucis, A. Morselli, L. Rubin, Aqua masnada : mulini e mugnai dell’Appennino reggiano e parmense, Reggio Emilia, C.P.C.A., 1990, p. 220)

[caption id="attachment_6298" align="alignnone" width="300"] Il mulino di Groppo (Tizzano V. P.) nella carta IGM 1936. E’ rilevato anche il bottazo (o gora) ed il canale di derivazione dalla Parmossa[/caption]

Il mulino si trova nell’area di passaggio di una delle Vie Storiche dell’Emilia-Romagna, la Via di Linari, che collega la città di Fidenza all’abazia di Linari nei pressi del Lagastrello, sulle orme degli antichi pellegrini. Parallela alla Via Francigena, la Via di Linari si congiunge con diversi cammini in zona di crinale che proseguono verso Pontremoli, Lucca, Roma.

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Mulino di Ostia (Borgotaro, loc. Ostia Parmense)

“L’opifico è situato nell’abitato di Ostia alla destra del torrente Cogena, da cui era alimentato, a breve distanza dalla confluenza con il Taro.
Sul fronte rivolto al torrente è visibile una ruota verticale a cassette in ferro.
Figura nella mappa catastale del 1823 appartenente alla Comunità di Berceto e classificato mulino da grano a due ruote. Con la denominazione di Mulino di Ostia è censito nella Carta Idrografica del 1888.
Nel 1921 il mulino, costitutito da tre coppie di macine azionate da ruote a retricine, passò dai Gandolfi alla famiglia Carrtini.
L’opificio, che serviva i borghi di Ostia, Baselica e Magrano, cessò l’attività nel 1971.” (1)

(1) Flavia De Lucis, Alberto Morselli, Lorenza Rubin, Aqua masnada : mulini e mugnai dell’Appennino reggiano e parmense, Reggio Emilia 1990, pp. 293-294, n. 192
ASPR, CCI, Berceto, Sez. A. part. 452;
CIDR, 1888, P. 92, N. 18;
GCPR, Derivazione acque pubbliche, III BI 27.
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PERCORSI STORICI

Nella provincia di Parma si delineano 3 percorsi che chiamiamo storici: la Via di Linari, che seguendo le orme dei monaci porta da Parma all’Abazia di Linari a S. Bartolomeo nei pressi del Lagastrello, per poi congiungersi alla Via Francigena… (LEGGI TUTTO)

Mulino del Ponte di Lugagnano (Monchio delle Corti, loc. Lugagnano)

Il mulino sorge in prossimità di un bel ponte a schiena d’asino, costruito ad opera del vescovo Ferdinando Farnese nel 1602.

L’opificio è tra i più antichi della zona ed è probabilmente risalente a epoca più antica del ponte stesso. Tra il 1854 e il 1884 figura un’ininterrotta attività del mulino che, più tardi nel 1888 compare nella Carta Idrografica come mulino e follo.

Nel 1919 la Società idroelettrica Ligure acquista il la derivazione e provvede alla modernizzazione dell’impianto a due macine che passano dall’essere alimentate da due ruote a ritrecine ad un’alimentazione ad energia elettrica. Il motore elettrico viene successivamente sostituito da uno a nafta e le macine in pietra furono implementate da un sistema a cilindri.

L’edificio a pianta rettangolare in pietra racchiude in sé più spazi con diverse funzionalità. In un ambiente di piccole dimensioni sono conservate le due copie di macine originali, nell’altro ambiente, il cui ingresso reca un architrave con il millesimo “1752” si trova il sistema di macinazione a cilindri.
All’interno del complesso di fabbrica si trova anche l’abitazione del mugnaio tutt’ora utilizzata come abitazione.

Bibliografia:
AA.VV., I mulini ad acqua della Valle dell’Enza : economia, tecnica, lessico, a cura di Fabio Foresti, Walter Baricchi, Massimo Tozzi Fontana, Casalecchio di Reno, Grafis, 1984, p. 198;
F. De Lucis, A. Morselli, L. Rubin, Aqua masnada : mulini e mugnai dell’Appennino reggiano e parmense, Reggio Emilia, C.P.C.A., 1990, p. 176-177.

L’opificio si trova nell’area di passaggio di una delle Vie Storiche dell’Emilia-Romagna, la Via di Linari, che collega la città di Fidenza all’abazia di Linari nei pressi del Lagastrello, sulle orme degli antichi pellegrini. Parallela alla Via Francigena, la Via di Linari si congiunge con diversi cammini in zona di crinale che proseguono verso Pontremoli, Lucca, Roma.

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Antico Ponte sul Cedra (Monchio delle Corti, loc. Lugagnano)

L’antico ponte in pietra attraversa l’intero alveo del torrente Cedra servendosi di un unico arco a tutto sesto. Ne risulta un manufatto dalla sagoma esterna arcuata e dagli appoggi laterali massicci in contrasto con il sottile spessore dell’arco in chiave. Dalla forma ricurva del profilo della linea di carreggiata, che ricorda la sagoma del dorso di un asino, deriva la denominazione di questa tipologia di ponti detti “a schiena d’asino”.

Il ponte costruito sul torrente Cedra è talvolta erroneamente chiamato “Ponte Romano”, per la verità si tratta di un’ infrastruttura viaria seicentesca. Il manufatto fu infatti innalzato nel 1602 per volontà di Ferdinando Farnese, Vescovo di Parma ed all’epoca della sua costruzione era, per i viandanti, i pellegrini o i commercianti che partivano dal territorio parmense, l’unico ponte utile per raggiungere la Lunigiana.

“questi è la chiave per passare di là dall’appennino nella Lunigiana, Toscana e Genovese, per quei viandanti che da Parma passano da queste parti per colà recarsi, poiché giace sulla strada maestra ed è il solo che esista sui torrenti di questi contorni che devono varcarsi. Egli è lungo 32 braccia, d’un arco solo alto 24 braccia e largo 6 e le vicine sponde di Cedra e Lugagnano sostengono i suoi fianchi” (1).

Fu Adeodato Turchi, un altro Vescovo di Parma, a volere il restauro del ponte, che avvenne nel 1801. In quell’anno in prossimità dei primi metri del manufatto venne installato un pilastro il cui fronte porta una lapide in marmo in cui si commemora il lavoro di restauro del ponte. Il pilastro ha una sezione rettangolare ed il frontone ricurvo, sotto al quale è installata una maestà rotonda in marmo apuano raffigurante la Madonna del Rosario. A sinistra e a destra della maestà sono presenti due stemmi cardinalizi datati rispettivamente 1802 e 1602.
In aderenza del ponte, sulla sponda sinistra del Cedra, sorge il Mulino del Ponte di Lugagnano, di epoca probabilmente antecedente a quella della costruzione del ponte.

 

Bibliografia:
(1) Cignolini G. Descrizione storico, fisico, politica delle Corti di Monchio ms. 360 Biblioteca Palatina, Parma – pubbl. a cura di D.P. Jotti, Reggio Emilia, 1969 ;
Enrico Dall’Olio, Architettura Spontanea dell’Appennino Parmense, Parma, Silva, 1975 ;
Enrico Dall’Olio, Itinerari Turistici della Provincia di Parma, Parma, Silva, 1975 ;
Anna Mavilla, Le Maestà dell’alta Val Parma e Cedra, Ravenna, Longo, 1996;
AA.VV., acqua della Valle dell’Enza : economia, tecnica, lessico, a cura di Fabio Foresti, Walter Baricchi, Massimo Tozzi Fontana, Casalecchio di Reno, Grafis, 1984 ;
F. De Lucis, A. Morselli, L. Rubin, Aqua masnada : mulini e mugnai dell’Appennino reggiano e parmense, Reggio Emilia, C.P.C.A., 1990.

L’antico ponte si trova nell’area di passaggio di una delle Vie Storiche dell’Emilia-Romagna, la Via di Linari, che collega la città di Fidenza all’abazia di Linari nei pressi del Lagastrello, sulle orme degli antichi pellegrini. Parallela alla Via Francigena, la Via di Linari si congiunge con diversi cammini in zona di crinale che proseguono verso Pontremoli, Lucca, Roma.

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Mulino Castelletto (Bardi, loc. Molino Castelletto)

Il mulino compare nel censimento catastale del 1825, classificato come mulino a due ruote ed intestato a Guglielmani Giovanni.
Più tardi nella Carta Idrografica del 1888 è identificato con la denominazione Castelletto.

Nel 1929 il mulino ha:

“(…) tre macine o pietre del diametro di m. 1,20. Una serve per il grano, una per il granoturco e l’altra per macinazioni varie”

ed appartiene alla famiglia Pontremoli, ancora residente in zona.

L’edificio a tre piani ha una pianta rettangolare, composta da due corpi contrapposti di simili proporzioni, stretta e lunga disposta in parallelo rispetto al corso del Torrente Ceno, poco distante da esso ed è realizzato in sasso con copertura a due falde eternit e marsigliesi in laterizio.

Nel 1989, all’epoca del censimento effettuato per la redazione di “Aqua Masnada” (1) questo mulino era ancora in attività e con una turbina elettrica veniva attivata una macina in pietra, posizionata al piano terra e cinque macine a cilindri situate al primo piano.

Oggi il tempo sembra essersi fermato a quei giorni di trent’anni fa.
Sotto lo spesso strato di sporcizia e custodita dalla penombra la macina a pietra giace ancora al suo posto così come la grande vasca in alluminio e attrezzi per il trasporto del lavorato, allo stesso modo al primo piano si ergono ordinate le cinque macine a cilindri “Negretti” smaltate di bianco e al secondo piano probabilmente sono ospitati i setacci plansichter, tipici di questo tipo di macinazione.

IGM F 84 I NO
(1) Flavia De Lucis, Alberto Morselli, Lorenza Rubin, Aqua masnada : mulini e mugnai dell’Appennino reggiano e parmense, Reggio Emilia 1990, p. 314.

Mulino Lombardelli II (Bardi, loc. Corti di Sopra)

L’edificio che un tempo era denominato mulino Lombardelli II è oggi completamente ristrutturato ad abitazione. Gli unici segnali che lasciano intendere l’antica funzione di mulino sono la sua localizzazione a ridosso della sponda sinistra del rio Corsena (affluente di sinistra del Ceno), una macina ricoperta di vegetazione adagiata nel giardino della casa e forse qualche rimanenza del vecchio canale di derivazione delle acque. Del meccanismo a ruota orizzontale che azionava i palmenti non rimane più traccia da diversi anni.

La costruzione di mulino Lombardelli II risale al 1888, anno in cui Antonio Lombardelli presentò una richiesta al Genio Civile di Parma con lo scopo di azionare il nuovo mulino che stava costruendo in sostituzione di un vecchio opificio denominato Molino Chiesabianca o Mulino Lombardelli I, che si trovava sul rio Corsena di Chiesa Bianca e che andò distrutto nel 1888 a seguito di una frana. Alla fine degli anni ’40 Mulino Lombardelli II fu venduto alla famiglia Assirati, per rimanere in funzione fino al 1960.

Il funzionamento del mulino al 1912 è descritto in un documento del Genio Civile di Parma, Derivazione Acque Pubbliche: “l’acqua derivata viene condotta su due vecchie ritrecini in legno utilizzanti un salto di m. 3,40 per azionare due palmenti, uno alla volta però e non mai entrambi contemporaneamente”

 

Flavia De Lucis, Alberto Morselli, Lorenza Rubin, Aqua masnada : mulini e mugnai dell’Appennino reggiano e parmense, Reggio Emilia 1990, p. 319, n. 313
GCPR, Derivazioni Acque Pubbliche, III BI 7/a
IGM F 84 I NO

 

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Mulino dei Bianchi (Bardi, loc. Molino Bianchi)

L’antico edificio è collocato alla sinistra del torrente Ceno in località Mulino Bianchi. Si tratta di una piccola costruzione in sassi squadrati a pianta rettangolare che misura 6,30 x 9,60 metri. L’edificio ha perso la sua funzione di mulino da decenni ed attualmente è utilizzato come ricovero per animali. Il manto di copertura a due falde, originariamente in lastre di pietra, è stato sostituito con un più moderno tetto in coppi.
Non sono più presenti tracce del canale di derivazione né delle ruote idrauliche o relativo alloggiamento. L’unico segnale che fa dedurre l’antica funzione di mulino sono alcune macine posizionate all’esterno del fabbricato.

Flavia De Lucis, Alberto Morselli, Lorenza Rubin, Aqua masnada : mulini e mugnai dell’Appennino reggiano e parmense, Reggio Emilia 1990, p. 313, n. 284
ASPR, CCI, Bardi, Sez. L, part. 1312
CIDR 1888, P.54, N. 483
GCPR, Derivazioni Acque Pubbliche, III BI 248

 

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Mulino di Ceno (Bardi, loc. Molino di Ceno)

L’antico opificio, abbandonato da decenni ed attualmente diroccato, si trova alla confluenza del Ceno con il torrente Dorbora, in località Molino di Ceno.
Il mulino figura per la prima volta nella mappa catastale del 1825 di proprietà Gazzi Marco e Consorte e successivamente compare nella carta idrografica del 1888 denominato Cerro a Valle (deformazione di Ceno). L’edificio è censito come mulino a ritrecine anche nel Genio Civile di Parma, Derivazione Acque Pubbliche del 1929 e risulta di proprietà Antoniazzi.

Attualmente dell’antico mulino costruito in sassi squadrati esistono dei ruderi coperti di vegetazione. Si può dedurre che l’edificio fosse costituito da due corpi di fabbrica, di cui uno più piccolo in pianta ma più sviluppato in altezza. Si può immaginare come un tempo funzionassero le due ruote a ritrecine che azionavano le quattro coppie di macine, forse anch’esse ancora presenti in loco ma nascoste dalla vegetazione.

 

Flavia De Lucis, Alberto Morselli, Lorenza Rubin, Aqua masnada : mulini e mugnai dell’Appennino reggiano e parmense, Reggio Emilia 1990, p. 312, n. 281
ASPR, CCI, Bardi, Sez. F., part. 966 bis
CIDR 1888, p.54, n. 481
GCPR, Derivazione Acque Pubbliche, III BI 249

 

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