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Mulino Boschi (Felino)

“L’antico mulino, ora abbandonato, compare in due mappe datate 23 agosto 1662 e 26 agosto 1670 custodite nell’Archivio dei Cavamenti. (1)
E’ censito nella mappa catastale del 1822 intestato alla Mensa Vescovile di Parma (2) e nella Carta Idrografica del 1888 (3) con la denominazione Molino di Sotto.
Gli impianti, ora scomparsi, erano probabilmente costituiti da quattro coppie di macine azionate da ruote orizzontali a ritrecine”. (4)

A valle del mulino si trova quello che si potrebbe definire il capolinea del Canale del Vescovo, il cosiddetto partitore. Mediante questo imponente manufatto circolare in cemento, le acque del canale vengono convogliate in parte verso Carignano e il restante, tramite un tunnel che attraversa il Baganza, nel canale di Sala. (5)

Note e bibliografia:
(1) ASPR, Cavamenti, Vol. 146.
(2) ASPR, CCI, Felino, Sez. L, part. 210.
(3) CIDR 1888, p.106, n. 316
(4) Flavia De Lucis, Alberto Morselli, Lorenza Rubin, Aqua masnada : mulini e mugnai dell’Appennino reggiano e parmense, Reggio Emilia, C.P.C.A., 1990. pag. 236
(5) G. Marusi, “Felino: il giro dei mulini”, in Per la Val Baganza, a. 2021, p. 258-263

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Mulino di Fugazzolo Sopra (Berceto)

“Il mulino, ora abbandonato, sorge sulla sinistra del torrente in località isolata ed è raggiungibile attraversando un pregevole ponte in pietra a schiena d’asino.
L’edificio è in sasso a due livelli a corpi giustapposti a T.
Al cotessero del canale fanno capo tre bocche di presa una per azionare una ruota verticale e le rimanenti per muovere due ruote a retricine in legno.
Il mulino da grano con due ruote compare nella mappa catastale del 1823 intestato a Bernardi Luigi (1).
Nel 1880 Bernardi Giovanni e Biolzi Giovanni lo cedettero ad Agnetti Felice, ancora proprietario nel 1923 (2).
L’opificio è censito nella Carta Idrografica del 1881 (3), senza denominazione, nella cartografia IGM (4) del 1936″ (5).

Note e Bibliografia:
(1) ASPR, CCI, Berceto, Sez. Y, part. 70.
(2) GCPR, Derivazione acque pubbliche, III BU 99;
(3) CIDR 1888, p. 106, n. 295;
(4) IGM F 85 IV SO
(5) F. de Lucis, A. Morselli, L. Rubin, Aqua Masnada. Mulini e mugnai dell’Appennino reggiano e parmense, 1990: pag. 296, n. 53

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Mulino di Corchia (Berceto, loc. Corchia)

“L’opificio, abbandonato da tempo, sorge nella parte orientale del borgo sulla sponda sinistra del torrente Manubiola. L’impianto del tipo a ruota orizzontale a mescoli, azionava due coppie di macine per frumento e castagne, tuttora presenti. L’edificio è in sasso su due livelli coperto a capanna con lastre di pietra. A sinistra dell’ingresso, addossato all’edificio, si trova il forno. Sono visibili sul fronte nord due archi a tutto sesto per lo scarico delle acque e l’alloggiamento delle ruote a ritrecine, retrostante l’edificio è visibile il cotessero del canale con le paratoie in legno. Il mulino figura nella mappa catastale del 1823 di proprietà Bernardi Domenico, classificato molino ad una ruota. Con la denominazione Molino Corchia è censito nella Carta Idrografica del 1888” (1)

 

Note e Bibliofrafia:
(1) F. de Lucis, A. Morselli, L. Rubin, Aqua Masnada. Mulini e mugnai dell’Appennino reggiano e parmense, 1990, pag. 296.

 

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Mulino del Mercato (Valmozzola, loc. Mercati di sotto)

“Il mulino … sorge alla sinistra del torrente in località Mercati di Sotto. L’edificio, in sasso ad elementi giustapposti su due livelli, è stato parzialmente ristrutturato a civile abitazione.
A monte dell’edificio è ancora presente il cotessero del canale di derivazione con le paratoie e le docce di legno. Sul fronte opposto sono visibili gli archi per il passaggio delle acque e l’alloggiamento delle ruote a ritrecine che muovevano due coppie di macine. Sul l’architrave di una porta è visibile un blocco squadrato con una lunga iscrizione in latino non riferibile al mulino e forse proveniente, come altri elementi lapidei, dalle rovine del castello di Gusaliggio.
Il Mulino di Mercato figura nella mappa catastale del 1824 (1) di proprietà Sozzi Antonio e fratello della Pieve.
Nel 1875 passò ai Gasparini per essere ceduto nel 1894 a Boselli Domenico.
Nel 1919 Berti Bernardo acquistò da Pontremoli Giuseppe il mulino detto del Rosso acquistato dai coniugi Boselli nel 1898 (2).
L’opificio è censito nella Carta Idrografica del 1888 (3) con la denominazione di Molino Rosso.
(4)

Recentemente è stato ristrutturato dagli attuali proprietari ed è ora perfettamente funzionante.

Note e Bibliografia:
(1) ASPR, CCI, Valmozzola, Sez. B, part. 981.
(2) GCPR, Derivazioni Acque Pubbliche, III BI 35. 3
(3) CIDR 1888, p. 94, n. 72. 4 IGM F 84 I SE.
(4) Flavia De Lucis, Alberto Morselli, Lorenza Rubin, Aqua masnada : mulini e mugnai dell’Appennino reggiano e parmense, Reggio Emilia 1990, p. 302, n. 229.

ASPR: Archivio di Stato di Parma
CIDIR 1881: Carta idrografica del 1888
CCI: Catasto Cessato Italiano o Catasto di Maria Luigia
GCPR: Genio Civile di Parma
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Mulino Marghera (Bedonia, loc. Ponteceno

“Il mulino, ristrutturato a civile abitazione, sorge alla destra del Ceno in località detta Scagno da Moie. E’ presente nella mappa catastale del 1823 denominato Molino dei Lorenzi di proprietà di Ferrari Giacomo detto Molinaro e classficato molino a due ruote. Già nel 1836 di proprietà Corvi, passò nel 1909 a Musa Marco e nel 1923 a Ponzini Bartolomeo. Dalla relazione inviata al Genio Civile in quell’anno si apprende che il mulino … già detto dei Lorenzi o dei Crovi ora Mulino di Margara … consiste in un fabbricato di costruzione recente (1920) ca.) di m. 10,00 x 6,60 … costruito in sostituzione d’un altro che si dovette abbandonare perchè minaccianterovina e da esso pochi metri distante. I palmenti in numero di tre sono collocati nell’unico ambiente a terreno e azionati da ritrecini. Col toponimo di Mulino Malghera è censito nella cartografia IGM del 1936 e in quella regionale del 1976.”

Nel Novembre 2021 il mulino ha ripreso a macinare, utilizzando l’energia elettrica come forza motrice:
https://www.youtube.com/watch?v=Ls0lX917sJc
https://www.youtube.com/watch?v=ej8p29EIMlU

(F. De Lucis, A. Morselli, L. Rubin, Aqua masnada : mulini e mugnai dell’Appennino reggiano e parmense, Reggio Emilia, C.P.C.A., 1990, p. 272, n. 76.)

Fonti archivistiche:

GCPR, Derivazione acque pubbliche, III BI 109;
ASPR, CCI, Compiano, Sez. L, part. 6;
IGM F 84 IV SE e CTR 215070.

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Mulino di Bosco (Corniglio, loc. Bosco di Corniglio)

”ll mulino sorge sulla sinistra del torrente Parma ad est della frazione di Bosco in località isolata. L’edificio è in sasso ad elementi giustapposti in linea, con tetto a due falde a colmi differenziati. Il corpo del mulino, più basso su due livelli, occupa l’estremità meridionale. I tre archi d’uscita delle acque dimostrano che era azionato da altrettante ruote orizzontali a ritrecine ora scomparse. Il mulino figura nella mappa catastale del 1825 intestato a Gio: Giacomo Mari ed è censito nella Carta Idrografica d’Italia del 1888 come molino e follo. Dalla domanda inoltrata nel 1931 per il riconoscimento del diritto di derivazione si apprende che fu concesso nel 1822 al mugnaio Coppi Antonio e che il mulino fu poi di Valenti Marco, Ferrari Geremia ed infine della fami glia Cavalli. Dalla stessa relazione si apprende anche che il mulino fu distrutto da una frana nel 1913. Nel 1950 fu ceduto ai fratelli Pioli i quali, sei anni più tardi, rinunciarono alla derivazione d’acqua perché il molino era azionato da forza motrice elettrica.” (1)

F. De Lucis, A. Morselli, L. Rubin, Aqua masnada : mulini e mugnai dell’Appennino reggiano e parmense, Reggio Emilia, C.P.C.A., 1990, p. 213.

Fonti archvistiche:

ASPR, CCI, Corniglio, Sez. H, part. 31;
CIDIR 1888, p. 102, n. 202;
GCPR, Derivazione acque pubbliche, III BU 174/a.

Il mulino si trova nell’area di passaggio di una delle Vie Storiche dell’Emilia-Romagna, la Via Longobarda, che collega la pianura Padana al mare ligure-tirreno, attraversando due Parchi regionali e uno nazionale, e ricadendo per buona parte dentro l’area MAB-UNESCO.

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Mulino della Brea (Corniglio, loc. La Brea)

“Il mulino di Brea era un modesto mulino ad acqua situato sul Rio della Piazza, affluente di sinistra del torrente Parma.
La sua struttura è a pianta rettangolare, ha robusti muri di sasso (in parte intonacati) e una copertura a due falde, tempo fa costituita da lastre di arenaria, ora com posta di tegole grigie in cemento.
E’ articolato su tre livelli: il seminterrato in vòlto, il pianterreno che ospita i locali della lavorazione e il primo piano utilizzato come abitazione.
L’imponente ruota verticale, visibile nel seminterrato, ha un diametro di circa cinque metri ed il vano che la ospita occupa in altezza anche il pian terreno. Il “ruotone” è infatti alloggiato all’interno del perimetro dell’edificio. Gli ingranaggi interni e le attrezzature sono ancora intatti, anche se non funzionanti da una quarantina d’anni.
A una ventina di metri da questo mulino, sempre lungo il torrente, funzionava un altro impianto molitorio.
L’acqua che usciva dal seminterrato veniva convogliata per fare muovere tale impianto che serviva per macinare le castagne e il granoturco (nel mulino principale si macinava sol tanto il grano). In questo secondo mulino si poteva anche “pilonare” la canapa: le lunghe piante di fibra tessile, già ripulite della parte legnosa, venivano ripetutamente pestate da enormi mar telli di legno, azionati dagli ingranaggi del mulino. Le fibre di canapa, debitamente sfilacciate e ammorbidite, risultavano così più facili da filare e da tessere.” (1)

“Il mulino figura esistente nel 1825 in proprietà del dr. Carlo Costa, pur non comparendo nella Carta Idrogradfica d’Italia. E’ invece censito, senza toponimo, nella cartografia IGM del 1936… Sono visibili sul fronte verso il rio, tre archi d’uscita di cui, quello centrale, tamponato, che in origine dovevano ospitare almeno due ruote orizzontali a retricine.”(2)

Note e bibliografia:
(2): F. De Lucis, A. Morselli, L. Rubin, Aqua masnada : mulini e mugnai dell’Appennino reggiano e parmense, Reggio Emilia, C.P.C.A., 1990, p. 214, n. 6..

Fonti archvistiche:
ASPR, Fabbriche Acque Strade, Molini, busta 81;
CIDIR 1888, p. 102, n. 208;
GCPR, Derivazione acque pubbliche, III BU 62.

Il mulino si trova nell’area di passaggio di una delle Vie Storiche dell’Emilia-Romagna, la Via Longobarda, che collega la pianura Padana al mare ligure-tirreno, attraversando due Parchi regionali e uno nazionale, e ricadendo per buona parte dentro l’area MAB-UNESCO.

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Mulino di Prella (Corniglio)

“L’opificio inserito in un piccolo borgo di case risalenti al XVIII sec., fu costruito nel 1834 da Ferrari Pietro ed è censito nella Carta Idrografica del 1888 come molino a follo, L’edificio, ristrutturato ad abitazione, conserva parte delle opere di alimentazione e l’arco di uscita delle acque dove alloggiano due ruote orizzontali a mescoli. Nel 1875 il mulino apparteneva ai Ferri e nel 1888 ai Ferrari ” (1).

Attualmente è di proprietà della famiglia Ferrari ed è rimasto in attività fino al 1979 con il suo ultimo mugnaio, Ettore Ferrari.

Il mulino si trova nell’area di passaggio di una delle Vie Storiche dell’Emilia-Romagna, la Via Longobarda, che collega la pianura Padana al mare ligure-tirreno, attraversando due Parchi regionali e uno nazionale, e ricadendo per buona parte dentro l’area MAB-UNESCO.

(1) F. De Lucis, A. Morselli, L. Rubin, Aqua masnada : mulini e mugnai dell’Appennino reggiano e parmense, Reggio Emilia, C.P.C.A., 1990, p. 214, n. 6..

Fonti archivistiche:
ASPR, Fabbriche Acque Strade, Molini, busta 81;
CIDIR 1888, p. 102, n. 208;
GCPR, Derivazione acque pubbliche, III BU 62.

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Mulino di Selvanizza (Palanzano, loc. Palazzo)

Il mulino è inserito entro un complesso articolato in diversi fabbricati: al centro il mulino, ad un lato in magazzino e due rustici ad uso di fienile e ricovero attrezzi; dall’altro due fabbricati ad uso abitazione. La funzione originaria, di mulino, e il suo periodo di esercizio sono da ricondursi tra gli anni 1797 e 1980. Il molino vero e proprio è costituito da due ruote orizzontali a ritrecine sostituite nel 1934 da altrettanti generatori elettrici della potenza di 10 cavalli ciascuno.
Il caricamento del prodotto nella tramoggia avveniva per mezzo di un sistema a cinghia dotato di tanti piccoli recipienti detti “facchini”, posti a lato delle macine e collegati a una puleggia. Fino al 1913, inoltre, era in funzione anche un follone da canapa e da lana con tintoria. All’esterno è tuttora presente una macina (diametro 1.3m) a ricordo della sua antica vocazione produttiva.

BIBLIOGRAFIA:
F. De Lucis, A. Morselli, L. Rubin, Aqua masnada : mulini e mugnai dell’Appennino reggiano e parmense, Reggio Emilia, C.P.C.A., 1990, p. 179.
F. Foresti, W. Baricchi, M. T. Fontana, I mulini ad acqua della valle dell’Enza, Grafis Edizioni, Casalecchio di Reno, 1984, p. 205.

CARTOGRAFIA: IGM F85 II NO Ranzano

Il mulino si trova nell’area di passaggio di una delle Vie Storiche dell’Emilia-Romagna, la Via di Linari, che collega la città di Fidenza all’abazia di Linari nei pressi del Lagastrello, sulle orme degli antichi pellegrini. Parallela alla Via Francigena, la Via di Linari si congiunge con diversi cammini in zona di crinale che proseguono verso Pontremoli, Lucca, Roma.

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Mulino Valla (Palanzano, loc. Ranzano)

Rio Rumieto – Il mulino dal 1838 al 1959 fu di proprietà della famiglia Valla.
Oggi un rudere poco riconoscibile se non dai prati retrostanti, era un tempo formato da due strutture qualche decina di metri distanti tra loro, dotate entrambe di macine: l’una adibita alla macinazione di grani grossi, l’altra per le farine da pane.
Il mulino superiore è su un unico livello con un arco di passaggio dell’acqua; all’esterno sono sparse alcune macine. L’impianto inferiore è anch’esso su un unico livello con un ampio arco di passaggio dell’acqua; nella parte posteriore sono visibili due doccie. I meccanismi erano costituiti da due ruote orizzontali a ritrecine per ogni impianto. (1)
Smise di funzionare negli anni 60 del ‘900.

STATO DI CONSERVAZIONE: rudere invaso da vegetazione

Bibliografia:
F. De Lucis, A. Morselli, L. Rubin, Aqua masnada : mulini e mugnai dell’Appennino reggiano e parmense, Reggio Emilia, C.P.C.A., 1990, p. 180 nr. 107

Il mulino  si trova nell’area di passaggio di una delle Vie Storiche dell’Emilia-Romagna, la Via di Linari, che collega la città di Fidenza all’abazia di Linari nei pressi del Lagastrello, sulle orme degli antichi pellegrini. Parallela alla Via Francigena, la Via di Linari si congiunge con diversi cammini in zona di crinale che proseguono verso Pontremoli, Lucca, Roma.

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Mulino di Nirone (Palanzano, loc. Nirone)

Il mulino è situato alla sinistra dell’Enza in prossimità della confluenza del Rio Maserino con il fiume. L’opificio compare nella mappa catastale del 1823 come mulino diroccato e corte appartenente ai Beni Comunali di Nirone, corretto con Copachi Francesco di Vairo. (1) Il mulino fu poi restaurato perché negli anni seguenti risulta ancora proprietà della famiglia Copachi e nel 1870 è menzionato il mugnaio Gabriele dalla Giacoma. Dal 1918 la proprietà è della famiglia Compari e nel 1965 cessa l’attività. L’opificio aveva gli impianti costituiti da due ruote orizzontali a ritrecine che azionavano due coppie di macine collocate al piano terra dell’edificio. (2)

STATO DI CONSERVAZIONE: pochi ruderi

Note:
1. ASPR, CCI, Palanzano, Sez. L., part. 1023
2. Foresti-Baricchi-Tozzi-Fontana 1984, p. 203, n. 88

Bibliografia:
F. De Lucis, A. Morselli, L. Rubin, Aqua masnada : mulini e mugnai dell’Appennino reggiano e parmense, Reggio Emilia, C.P.C.A., 1990, p. 178 nr. 93

Il mulino  si trova nell’area di passaggio di una delle Vie Storiche dell’Emilia-Romagna, la Via di Linari, che collega la città di Fidenza all’abazia di Linari nei pressi del Lagastrello, sulle orme degli antichi pellegrini. Parallela alla Via Francigena, la Via di Linari si congiunge con diversi cammini in zona di crinale che proseguono verso Pontremoli, Lucca, Roma.

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